Referendum trivelle, Pieroni (Pd): “Voterò No. Ecco il perchè”
“Domenica andrò a votare e voterò «No». Ci ricorda il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, che «si deve votare» e che votare «fa parte della carta d’identità del buon cittadino». La questione, però, è essenzialmente politica.
Incoraggiare l’astensionismo in occasione del referendum di domenica prossima è un’operazione inopportuna e un po’ furbesca, anche perché ne abbiamo un altro in vista, ben più rilevante, sulle riforme costituzionali approvate. Inopportuna perché oggi abbiamo bisogno di rianimare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica ed anche alle consultazioni democratiche e soprattutto dobbiamo aver cura di non distruggere lo strumento di democrazia diretta – il referendum – per ragioni di convenienza politica. Furbesca perché, così facendo, ci si vuole accreditare anche di quella parte consistente di elettorato (25% – 50%) che ormai stabilmente non partecipa più ad alcuna tornata elettorale o referendaria.
É una scorciatoia diseducativa e deresponsabilizzante che favorisce il disinteresse e la banalizzazione delle questioni. È vero, l’astensione è legittima, e nel tempo è stata sollecitata da leader politici; meno condivisibile è l’astensionismo suggerito dal Governo. È altresì vero che nel caso del Pd con l’immedesimazione tra leader e premier una qualche prudenza in più sarebbe utile.
Voterò no perché non si fa ora la scelta di campo tra petrolio ed energie pulite e rinnovabili; perché la scelta per le energie rinnovabili e pulite è stata fatta ed è irreversibile, tant’è che, secondo il gestore dei servizi energetici (GSE) nel 2015, le fonti alternative al petrolio hanno soddisfatto il 17,3% dei consumi nazionali di energia, per cui l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi che l’Europa ha posto al 2020.
Voterò no perché già la normativa impedisce nuove trivellazioni entro le 12 miglia marine, mentre siamo chiamati a decidere circa la eventuale possibilità di proroga delle attività estrattive in corso fino ad esaurimento del giacimento. Stiamo al merito!!
Voterò no perché dai pozzi attuali si estrae prevalentemente gas (in 25 su 30) e, se l’estrazione fosse bloccata, quel gas dovremmo comprarlo altrove, magari in Libia o Egitto che perforano nel nostro Mediterraneo.
Voterò no perché la chiusura delle piattaforme ci costerebbe 750 milioni di euro all’anno per 15 anni, ovvero oltre 11 miliardi, mettendo a rischio 5 mila posti di lavoro diretti e 15 mila dell’indotto”.